Appare sempre più difficile, complicata, l’insistenza dei supremi giudici nel voler confermare i teoremi che essi stessi hanno creato su una non ben definita condizione universalistica che ha ispirato, a loro dire, la legge n. 335/95 (che ha istituito la gestione separata Inps), quando in realtà la legge stessa era nata per dare una previdenza a chi non ne possedeva una (si legga più avanti). Appare anche sempre più evidente questa scelta ideologica della Cassazione che si sostituisce al Parlamento della Repubblica e legifera in modo autonomo travalicando la separazione dei poteri del nostro ordinamento democratico.
Il nostro sindacato continua a ribadire che la stessa Corte Costituzionale ha statuito, nel nostro caso, l’insussistenza del doppio obbligo di pagamento della contribuzione previdenziale al fine di ottenere una doppia tutela previdenziale. Difatti questa Corte, con sentenza n.108 del 1989, ha deciso proprio nel nostro caso che possono essere posti dei limiti nel cumulo pensionistico. Così si sono espressi i supremi Giudici Costituzionali: …….” La questione non appare fondata nemmeno alla stregua dell’art. 38 della Costituzione. A chi esercita la professione di ingegnere o architetto contestualmente ad altra attività di lavoro l’art. 2, secondo comma, della legge n. 1046 del 1971 non impedisce di ottenere una tutela previdenziale adeguata per l’invalidità o la vecchiaia, ma preclude soltanto, per la ragione testé esposta, l’acquisizione di una duplice posizione assicurativa nell’ambito della previdenza pubblica”.
Non è posto, quindi, alcun vincolo alla nostra esclusione dal pagamento del contributo soggettivo a Inarcassa, giustificando ai fini solidaristici il nostro contributo integrativo.
Questo il passaggio dell’ordinanza in oggetto che evidenzia sempre di più la posizione difficile, complicata, di assoluto favore alle richieste di Inps ma non supportata da leggi: ….”rimanendo obbligati verso quest’ultima soltanto al pagamento del contributo integrativo in quanto iscritti agli albi, sono tenuti comunque ad iscriversi alla Gestione separata presso l’INPS, in quanto la ratio universalistica delle tutele previdenziali cui è ispirato la L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, induce ad attribuire rilevanza, ai fini dell’esclusione dell’obbligo di iscrizione di cui alla norma d’interpretazione autentica contenuta nel D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12 (conv. Con L. n. 111 del 2011), al solo versamento di contributi suscettibili di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata prestazione previdenziale, ciò che invece non può dirsi del c.d. contributo integrativo, in quanto versamento effettuato da tutti gli iscritti agli albi in funzione solidaristica (Cass. N. 30344 del 2017, cui ha dato seguito, a seguito di ordinanza interlocutoria di questa Sesta sezione n. 18865 del 2018, Cass. N. 32166 del 2018). Essendosi la Corte di merito conformata all’anzidetto principio di diritto, la sentenza è immune dalle censure che le sono state mosse” ……
La realtà è che, nel nostro ordinamento, è univocamente affermata sia l’estraneità dei liberi professionisti iscritti ad albi dalla gestione separata, sia la natura residuale – e non universale – della iscrizione alla Gestione separata, rivolta unicamente a coloro per i quali non era stato individuato un ente previdenziale deputato a disciplinarne la previdenza.
Da sottolineare quanto scritto nel D.M. 2 maggio 1996, n. 282 (regolamento attuazione L. 335/95) che in particolare così riporta: ….”Ritenuto che relativamente alla definizione del rapporto assicurativo, in ossequio alle indicazioni contenute nell’art. 2, comma 32, della legge 8 agosto 1995, n. 335, per la disciplina di tale rapporto si debba tener conto da una parte delle connotazioni di specificità delle attività considerate, spesso caratterizzate da precarietà e dalla esiguità del reddito prodotto, e dall’altra dell’esigenza di assicurare l’effettività della tutela ai soggetti già in età avanzata rispetto alla soglia anagrafica di determinazione della quiescenza lavorativa;”…… Non pare proprio rientrare in questa gestione previdenziale chi già possiede una adeguata posizione assicurativa come nel caso degli ingegneri e architetti anche dipendenti e quindi iscritti all’Inps quasi sempre come dipendenti pubblici e perciò certamente non caratterizzati da precarietà o esiguità del reddito prodotto.
Piace ad ogni modo evidenziare che questa ordinanza rigetta tutte le richieste degli avvocati dell’Inps in relazione ai termini di prescrizione: le uniche date valide sono quelle del termine di pagamento delle imposte e la prescrizione si attiva a cinque anni dalla data per il pagamento del saldo irpef dell’anno precedente, solitamente verso metà giugno. Per questo motivo questa ordinanza dà ragione ad un nostro collega e torto ad Inps.
Noi continueremo a ribadire la nostra posizione, anche se come sempre ci muoveremo a tutto campo per uscire da questo calvario e riprendere a vivere serenamente.